Da sola oltre le linee della jihad.
Souad Mekhennet
Francesco Brioschi Editore, 2018
Antiochia, estate 2014. È sul confine turco-siriano che la corrispondente Souad Mekhennet incontra Abu Yusaf, esponente di spicco dell’ISIS. L'intervista è una delle tante testimonianze oltre le linee della jihad che la giornalista raccoglie tra Medio Oriente, Nord Africa ed Europa. Affiliati ad al-Qaida, sostenitori dello Stato Islamico, membri di gruppi talebani: queste sono solo alcune delle voci che compongono il panorama dell'estremismo jihadista che l'autrice cerca di raffigurare. E il suo tentativo di rivelarne le cause più profonde suscita un’ulteriore riflessione, quella sull'identità e sull'integrazione. Un pensiero insito in tutti i musulmani immigrati in Europa e soprattutto in lei, in bilico tra le proprie origini turco-marocchine e una vita trascorsa in Germania. Medio Oriente e Occidente diventano così due realtà tanto discordanti quanto complementari su cui edificare un’esistenza.
Siria. La fine dei diritti umani.
Riccardo Cristiano
Castelvecchi, 2018
Gli esiti dei conflitti non determinano solo vittorie militari, ma anche culturali. Vincono i valori affermati da chi prevale sul campo di battaglia. La Terza Guerra Mondiale combattuta in Siria non è finita, è una guerra a fasi: dopo la rivolta popolare contro il regime c’è stata la sua trasformazione forzata in guerra tra sunniti e sciiti, e poi in “guerra al terrorismo”. Ora potremmo essere agli albori di una nuova fase. Durante gli anni del conflitto si è affermata l’idea semplicistica che i fatti e i fenomeni sociali che hanno portato alla guerra non contino, ma che tutto si spieghi in base a categorie immodificabili quali islam, fondamentalismo, eterno scontro tra sunniti e sciiti. Partendo da questo assunto, questo libro cerca di dare una lettura globale al conflitto siriano, presentandone le fasi, le rappresentazioni e gli effetti sulla politica e i pensieri religiosi, che somigliano sempre più a nuove eresie.
Radical.
Il mio viaggio dal fondamentalismo islamico alla democrazia
Maajid Nawaz
Carbonio Editore, 2018
Che cosa spinge un giovane cresciuto in Occidente ad abbracciare il radicalismo islamico? Solo chi ha fatto questa scelta può svelarne le ragioni più intime. Maajid Nawaz ha vissuto tutto ciò in prima persona. E questo è il suo racconto. Nato in Inghilterra da genitori pakistani, Maajid è cresciuto al ritmo dell'hip-hop nella piccola comunità di Southend, tra writers, b-boys e gang di skinheads. Dal razzismo della provincia inglese all'affiliazione a un gruppo rivoluzionario islamico il passo è stato breve. Già a 16 anni Maajid era un reclutatore del gruppo londinese Hizb ut-Tahrir, fino a diventare portavoce della causa fondamentalista in Pakistan, Danimarca, Egitto. Poi ha sperimentato le torture e l'umiliazione del carcere egiziano, suscitando l’interesse di Amnesty International. Ma è stato proprio durante quella terribile prigionia durata quattro anni che Maajid ha aperto gli occhi e ha rinnegato il sistema di valori in cui aveva creduto, scoprendo quanto sia falsa e fuorviante la logica che lo sottende. Il suo libro è una coraggiosa testimonianza di un arduo viaggio attraverso i tortuosi sentieri della ragione, fino alla scoperta di un nuovo ideale per cui combattere.
Il fiore del deserto.
La rivoluzione delle donne e delle comuni tra l’Iraq e la Siria del nord
Davide Grasso
Agenzia X, 2018
Ottobre 2017: gli ultimi miliziani dell’Isis lasciano Raqqa. Marzo 2018: i combattenti delle Ypg-Ypj si ritirano da Afrin, invasa dalla Turchia. Sono passati tre anni dalla resistenza di Kobane ma la Siria del nord è ancora attraversata dalla guerra, mentre gli equilibri tra i diversi attori internazionali continuano a mutare causando nuove devastazioni e vittime innocenti. Resistente e rara come un fiore del deserto, la rivoluzione del Rojava è riuscita a prosperare nonostante si trovi al centro del campo di battaglia. Un progetto in espansione che posa le sue fondamenta su una Federazione multilinguistica e pluralista, dove hanno luogo le più avanzate sperimentazioni sociali e politiche del nostro tempo: autonomia delle donne, cooperazione comunalistica, autogoverno. Da uno scrittore che ha vissuto sul territorio e ha partecipato attivamente alla lotta, un libro che offre le fondamentali chiavi di comprensione del processo in corso, attraverso numerose testimonianze raccolte in diretta e una serie di riflessioni e approfondimenti sulle diverse fasi del conflitto e della maturazione del percorso rivoluzionario. Un viaggio tra comuni agricole, campi profughi autogestiti, eserciti volontari, paesaggi urbani e fronti di combattimento. Squarci di vita quotidiana, pratiche e prospettive di un movimento confederale che pone ancora alla nostra attenzione il problema del rapporto tra stato e trasformazione, avanguardia e popolo, insurrezione e organizzazione, regole e cambiamento, tradizione ed educazione.
Abbiamo fame e nostalgia di Eucaristia.
Diario di viaggio tra i profughi cristiani dell’Iraq.
Jihad Youssef
Ancora, 2018
Padre Jihad Youssef tra la settimana santa del 2016 e l’agosto del 2017 ha visitato per tre volte le comunità dei profughi cristiani dell’Iraq, che si trovano attualmente in Turchia. Il libro presenta le sue note di diario scritte quasi sempre a tarda sera sul cellulare. Dice una giovane profuga: «Questo è un bel Paese, ma preferisco le rovine del mio villaggio in Iraq. È da tanto che non vediamo un sacerdote e ci piace sentire le tue parole e pregare con te… Abbiamo fame e nostalgia di Eucaristia, tanto tanto». Pensieri e testimonianze che riscaldano il cuore, briciole di missione che hanno il sapore degli Atti degli Apostoli. La prefazione è del Vicario Apostolico dell’Anatolia, Mons. Paolo Bizzeti.
Jihad Youssef, unico figlio di una famiglia di rito siro maronita, è monaco dal 1999 della Comunità Monastica del Khalil, nel Monastero di Mar Musa di Nebek (Siria) dal 1999, fondata da padre Paolo Dall’Oglio, del quale non si hanno notizie dal 2013. Prima del suo arrivo al monastero, padre Jihad ha conseguito una laurea in Scienze Motorie in Siria. Ha studiato a Roma dal 2003 Filosofia e Teologia alla Pontificia Università Gregoriana e poi la licenza in Sacra Scrittura al Pontificio Istituto Biblico di Roma. Ora è dottorando in Teologia Biblica alla Gregoriana. In Italia, insieme ad altri religiosi, ha dato vita a un piccolo monastero nella città di Cori, in provincia di Latina.
Il professore e il patriarca.
Umanesimo spirituale tra nazionalismi e globalizzazione
Andrea Ricciardi
Jaca Book, 2018
Due persone molto diverse s’incontrarono nell’agosto 1968 ad Istanbul, crocevia di storie e mondi: il professore francese, Olivier Clément, quarantasette anni, e il patriarca ortodosso di Costantinopoli, Athenagoras, ottantadue anni, vissuto tra l’Oriente ottomano e nazionalista, gli Stati Uniti e infine la Turchia. Il motivo era un’operazione editoriale. Ma fu un incontro da cui scaturì un messaggio che parla ancora oggi. Sullo sfondo la “rivoluzione” del ’68. Nel colloquio affiorano molte domande sul futuro del mondo, sul cristianesimo in un tempo non più religioso o religioso in modo diverso. Oriente e Occidente si parlano. In queste pagine si ripercorrono anche le storie dei due personaggi. Dal loro intreccio, sgorga un messaggio di umanesimo spirituale. Quale futuro per il cristianesimo, l’Occidente e l’Oriente alle prese con l’Islam? Stupisce l’emergere, durante la guerra fredda, della percezione dell’aurora di un mondo globale. Per me, scrivere questo libro è stato immergermi in una vicenda personalmente rilevante. La mia esistenza di giovane (allora) e di credente è passata attraverso il ’68, le sue discussioni e crisi. Nel clima del Vaticano n, ho sentito come il cristianesimo dovesse rivolgersi di più ad Oriente. Incontri, letture e l’attrazione verso figure e luoghi. Tra questi, Istanbul e Athenagoras, e poi l’amicizia con il suo “biografo”, Clément, pensatore originale e cristiano profondo. C’è in queste pagine un’indicazione – quasi la mappa di un itinerario – per il cristianesimo, diviso, investito dalla secolarizzazione e poi dalla globalizzazione, bisognoso di un ressourcement alle radici. Non la fuga in un fortilizio della fede o dei valori tradizionali, ma l’assunzione delle fratture del nostro tempo. Oggi si comprendono meglio le idee e le indicazioni suggerite dalle storie dei due personaggi e dai lontani colloqui del 1968.
Sulle donne musulmane.
Scritti di Mohammed al-Ghazālī as-Saqqa
Marisa Iannucci (a cura di)
Giorgio Pozzi Editore, 2018
Mohammed al-Ghazālī as-Saqqa (1917-1996) è stato un teologo sunnita formatosi all’Università di Al-Azhar, al Cairo. Tuttora considerato una delle voci più autorevoli del mondo islamico novecentesco, ha scritto diversi libri di giurisprudenza e teologia sulla questione di genere. Il suo impegno per i diritti delle donne e contro il sessismo diffuso nelle società musulmane è stato costante nelle sue attività accademiche e di predicazione.
Questo libro contiene scritti provenienti dai suoi discorsi pubblici, da articoli apparsi sulla stampa araba e da sermoni riguardanti le donne nelle fonti dell’Islam, nella letteratura e nella storia, inclusi i verdetti giuridici (fatāwa) sull’argomento.
Lo stile è quello informale e diretto tipico di Al-Ghazālī, che nel suo lavoro di educatore impegnato nella riforma della società egiziana si rivolgeva prima di tutto alla gente comune. Da questi testi risulta evidente il suo sforzo pedagogico e divulgativo contro i luoghi comuni sulle donne e l’Islam, e contro la mentalità sessista ancora diffusa nelle comunità musulmane per quanto riguarda i rapporti di genere.
Alfabeto arabo-persiano
Quando le parole raccontano un mondo
Giuseppe Cassini - Wasim Dahmash
Egea, 2018
Dall’Italia alla Scandinavia, dalla Penisola Iberica ai Balcani, la Fortezza Europa sta alzando muri e scavando fossati per respingere le «orde musulmane» che premono alle porte. Ma chi sono questi invasori? Di quale cultura sono portatori? In realtà, gli europei dovrebbero ringraziare gli arabi per una piega della storia su cui non riflettono mai: ossia che l’identità europea si formò grazie all’avvento dell’Islam. Furono le conquiste degli arabi a spingere i popoli sulle sponde settentrionali del Mediterraneo a riconoscersi come abitanti di un continente a sé stante, l’Europa. Oggi sarebbe un segnale di buon senso se gli europei raddrizzassero la loro visione dell’Islam ruotando la bussola di 180 gradi e imparando almeno l’abc dell’Alfabeto arabo-persiano. A partire da 61 parole chiave che rappresentano ciascuna un aspetto saliente della cultura araba e di quella persiana, e da una serie di testimonianze dirette di esperienze in quei Paesi dell’ambasciatore Cassini, questo libro è rivolto a tutti coloro che desiderano approfondirne la storia e i caratteri distintivi: inclusi i tre milioni di musulmani residenti in Italia, a cui il volume vuole restituire una lingua non confiscata dal potere religioso.
Quattro madri
Shifra Horn
Fazi Editore, 2018
«Quattro madri» è un romanzo che ha come protagoniste principali cinque donne israeliane, diverse tra loro, ma unite da un destino comune: crescere i propri figli da sole, perché abbandonate dagli uomini. Il romanzo si apre con la voce di Amal che, in prima persona, racconta del suo tragico matrimonio e della nascita di suo figlio Ben Ami. Una volta trovato il baule della bisnonna, ripercorrendo le tappe della storia della famiglia, la narrazione passa alla terza persona, per poi tornare nuovamente alla voce di Amal che parla della sua nascita, delle difficoltà con la madre Gheula e della voglia di scoprire chi era suo padre.
Sullo sfondo, appena accennata qua e là, c’è la storia di Israele, che si srotola nel corso di circa cento anni. Shifra Horn cita qualche evento cruciale, con leggerezza, per non appesantire la narrazione, toccando le tappe fondamentali: l’arrivo degli ebrei in massa, i primi conflitti con la popolazione araba, la fine del protettorato britannico, la nascita ufficiale di Israele, l’inasprimento dei conflitti tra le genti israeliane e palestinesi.
“Quattro madri” è un romanzo famigliare epico, che abbraccia quasi un secolo della storia di Israele, dove si muovono donne sorprendenti che mai si perdono d’animo, capaci di reinventarsi in continuazione e di rialzarsi dopo ogni caduta.
Dumià
Marina Ergas
Europa Edizioni, 2018
In ebraico ci sono due parole per dire ‘silenzio’: sheket è l'assenza di rumore, dumià è il silenzio interiore. Dumià, a Neve Shalom, è diventato il nome per chiamare la casa di preghiera dove i fedeli di tutte le religioni possono meditare e pregare Dio. Un luogo che va oltre i pregiudizi e le guerre, un luogo dove le persone si uniscono. Dumià è anche il senso che l'autrice ha voluto dare alla sua vita. Origini antiche, un padre assente ma molto ingombrante, la ricerca continua di se stessi e della propria religiosità, girando il mondo ma vivendo in un Paese pieno di contraddizioni, la lotta per i diritti umani, la profonda fiducia nel genere umano e la speranza nel suo tikkun, il miglioramento. Se credete che le persone "normali" abbiano una vita necessariamente "normale" vi sbagliate di grosso. Ecco la storia di una donna che ha vissuto ogni minuto della propria vita nella sua pienezza, tra scelte difficili, drammi, guerre, amori, avventure, delusioni e scoperte, sempre vivendo in maniera completa alla ricerca di se stessa, per trovare la vera felicità.
Le regine rubate del Sinjar
Dunya Mikhail
Ed. Nutrimenti, 2018
Il libro è il racconto di una tragedia, una delle più grandi del nostro tempo: quella dell’Isis che ha distrutto intere popolazioni, saccheggiando le case e le vite di chi le abitava. È il racconto – narrato quasi come un diario giornalistico, ma inframmezzato dalla voce poetica dell’autrice – di cosa è successo alle donne yazide irachene, rapite, vendute come schiave e abusate dai jihadisti di Daesh.
Una storia che abbiamo letto sui giornali ma che pochi hanno provato a raccontare. Ed è tanto più potente e commovente perché a raccontarcela è una scrittrice, una poetessa irachena, che vive e lavora negli Stati Uniti ma che dal modo in cui scrive non riesce a trattenere la sua dolorosa partecipazione in questa tragedia collettiva di cui è parte anche lei e di cui ci rende partecipi in prima fila come lettori.
Il buio al crocevia
Elliot Ackerman
Longanesi, 2017
Scritto con grande partecipazione e la consapevolezza di chi conosce profondamente il conflitto che racconta, Il buio al crocevia è un viaggio tra miserie umane e inattese opportunità, nel cuore oscuro di una guerra dove l’amore e l’orrore sembrano sorgere dalla stessa radice.
È notte quando Haris Abadi si ritrova all’improvviso disteso per terra, a respirare polvere e fango, mentre mani sconosciute gli sfilano di tasca tutto, soldi, cartina, passaporto. Cittadino americano di origine irachena, con alle spalle una triste storia famigliare, Haris si trova in Turchia per attraversare il confine siriano e unirsi alla lotta contro il regime di Bashar al-Assad.
Il ritorno
Padri, figli e la terra fra di loro
Hisham Matar
Einaudi, 2017
Nel marzo del 2012 Hisham Matar s'imbarca su un volo per la Libia. È il suo primo ritorno dopo trentatre anni nella terra color ruggine, giallo e verde intenso della sua infanzia, la terra che lo ha separato dal padre la notte del 1990 in cui Jaballa Matar venne sequestrato dal regime di Gheddafi, condotto nella terribile prigione di Abu Salim e poi fatto sparire. Il figlio Hisham ci accompagna in un viaggio lucido e struggente attraverso i luoghi di una memoria privata che è anche fardello collettivo di una nazione, alla ricerca di un padre perennemente vivo e morto al quale restituire almeno la certezza di un destino.
Hisham Matar ha diciannove anni quando suo padre Jaballa, fiero oppositore del regime di Muammar Gheddafi, viene sequestrato nel suo appartamento del Cairo, rinchiuso nella famigerata prigione libica di Abu Salim e fatto sparire per sempre. Ventidue anni piú tardi il figlio Hisham, che non ha mai smesso di cercarlo, può approfittare dello sprazzo di speranza aperto dalla rivoluzione del febbraio 2011 per fare finalmente ritorno nella terra della sua infanzia felice.
Quel viaggio verso un presente ormai sconosciuto non è che lo spunto per un itinerario storico e affettivo ben piú vasto. Visitando i luoghi e incontrando i parenti e gli amici che hanno condiviso con Jaballa decenni di prigionia nel «nobile palazzo» di Abu Salim, Hisham può recuperare un passato che risuona in lui con un'eco mai sopita e ritagliare i contorni di un padre che, in assenza di un corpo, risulta privo di confini. Le tappe del viaggio privato s'intersecano con la storia libica del ventesimo secolo, dalla resistenza all'occupazione italiana al flirt di Gheddafi con l'Inghilterra di Tony Blair. Ma anche all'antro piú buio, all'orrore piú raccapricciante, segue, in queste pagine, la luce di un dipinto di Manet, la melodia di un alam: la consolazione dell'arte e della bellezza come autentica espressione dell'uomo. E anche quando della speranza di ritrovare un padre vivo «non rimangono che granelli sparsi», lo sguardo di Matar continua a puntare risolutamente in avanti: «Mio padre è morto ed è anche vivo. Non possiedo una grammatica per lui. È nel passato, nel presente e nel futuro. Ho il sospetto che anche coloro che hanno sepolto il proprio padre provino la stessa cosa. Io non sono diverso. Vivo, come tutti viviamo, nell'indomani».
Non ci sono coltelli nelle cucine di questa città
Khaled Khalifa
Bompiani, 2018
È uno sconosciuto che ci parla: è nato ad Aleppo nel 1963, il giorno stesso del colpo di Stato militare che porta al potere il partito Baath, da cui emergerà nel 1970 il regime personalistico di Hafez al-Asad. La coincidenza storica diventa presagio di un destino che il narratore considera ipotecato dal parallelismo tra la sua vita, personale e familiare, e quella del partito Baath. Il narratore, suo fratello Rashid e le sue sorelle Sawsan e Su'ad sono figli di un'epoca in cui "se dici che il basilico è caro questo significa per gli informatori che ti lamenti della politica del partito e se dici che pensi alla morte, significa che non ti piace vivere sotto la pressione dell'autorità del partito". La vita è possibile solo per chi viene a patti con il partito, cedendo qualcosa di sé. Una saga familiare che scorre dagli anni sessanta fino al duemila e strappa il velo sui sistemi di paura e controllo di Assad.
Gli angeli dei libri di Daraya
Delphine Minoui
La nave di Teseo, 2018
Il villaggio ribelle di Daraya, in Siria, è alle corde per l’assedio implacabile dell’esercito di Damasco. Un inferno che dura da quattro anni, scanditi dai bombardamenti con i barili esplosivi, attacchi con il gas, la morsa della fame che stringe gli abitanti isolati. Di fronte alla violenza del regime di Assad, quaranta giovani rivoluzionari hanno cominciato a recuperare dalle macerie migliaia di libri per raccoglierli in una biblioteca clandestina, nascosta nei sotterranei del villaggio. La loro resistenza attraverso i libri diventa così il simbolo del rifiuto di ogni forma di sopraffazione violenta: un inno alla libertà, alla tolleranza e al potere della letteratura che la guerra minaccia di soffocare.
Passaggi in Siria
Samar Yazbek
Sellerio, 2017
All’inizio delle rivolte, nel marzo 2011, Yazbek, giornalista e scrittrice affermata, regista e sceneggiatrice per il cinema e la tv, sceglie di scendere in piazza per difendere la libertà di espressione, regolarmente negata dai regimi autoritari che si sono succeduti nel suo paese. Denuncia i crimini perpetrati da Bashar al-Assad, rivendica maggiori diritti per le donne e l’abolizione della censura. Viene prima trattenuta dalle forze dell’ordine, poi, quando la sua voce diventa troppo invisa al governo e la sua presenza in Siria un rischio, si trasferisce a Parigi, dove persevera nel suo attivismo politico.
In esilio continua a battersi denunciando le atrocità, urlando all’Occidente il bisogno disperato di aiuti umanitari e la necessità di intervenire per fermare ulteriori spargimenti di sangue. Ma il richiamo delle radici e il senso di responsabilità si rivelano troppo forti e Samar Yazbek inizia così a ritornare in Siria illegalmente, attraversando a piedi il confine turco. Una volta dentro la scrittrice visita le zone «liberate» dal controllo del regime di Assad e occupate dal Free Army dei ribelli o dagli estremisti islamici. Si impegna per offrire sostegno alle persone bisognose. Ascolta testimonian ze, storie di singoli individui e di intere famiglie, molte donne, ragazze e bambine che mutano l’orrore in parole da consegnare al mondo. Raccoglie immagini ed emozioni, assiste a scontri armati, alla crudeltà dei cecchini, ai bombardamenti. Vive lutti e speranze, e con questa materia incandescente plasma un racconto che non è un romanzo né un saggio ma li contiene entrambi, senza mai tradire la realtà. Secondo The Observer è un libro essenziale, «uno dei primi classici politici del XXI secolo».
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