Sha'ar

Maria Elisabetta Ranghetti

Sha'ar (porta, in ebraico) è una rubrica mensile curata da Maria Elisabetta Ranghetti, scrittrice e fotografa. Appassionata di Medio Oriente, ha trascorso gli ultimi vent'anni a contatto col mondo ebraico viaggiando tra Israele e Palestina. Due dei suoi romanzi – Oltre il mare di Haifa  e Corri più che puoi  – narrano le vicende di quella terra e sono stati presentati ad Haifa e Gerusalemme.  Il terzo -  Habaytah  del 2024 - porta il lettore dentro a una vicenda dal sapore universale raccontando il mondo complesso degli charedim, gli ultraortodossi.  
Elisabetta ci aprirà una porta sull’ebraismo raccontandoci, con parole e talvolta immagini, una realtà sfaccettata e piena di fascino, per incontrare un popolo millenario con cui camminare insieme.

La Menorah dell’Arco di Tito e l’importanza dei simboli

Nel mio recente tour romano, ho scelto di visitare i fori imperiali, una passeggiata che consiglio a tutti di fare: ci si perde nella Storia, tra vie antiche e resti archeologici meravigliosi.

Mi sono soffermata a lungo presso l’Arco di Tito, un monumento fondamentale della storia romana e di quella ebraica.

Lo stesso ghetto ebraico – costituito a metà del 1500 sul modello di quello veneziano – è a pochi passi da questo monumento e, per chi volesse, si può fare un tuffo a piedi tra i suoi vicoli alla scoperta della comunità ebraica più antica d’Italia, magari assaporando i carciofi alla giudia, tipico piatto della cucina ebraico-romanesca.

Nell’Arco di Tito, sulla parte interna, è scolpita la menorah del Tempio di Gerusalemme portata in trionfo nella capitale; si ricorda la sconfitta degli ebrei, sussurri dolorosi di un passato tra il suicidio degli zeloti a Masada e la distruzione del Tempio a opera di Tito nel 70 d.C., data che segna l’inizio della diaspora.

La menorah – con cui in ebraico moderno si traduce il termine lampada – è un candelabro a sette rami, uno dei simboli più antichi del popolo ebraico; possiamo trovare una sua descrizione su forma, dimensioni e materiali nel passo di Esodo 25-31. Il numero sette è fondamentale, rappresenta l’integrità, la perfezione, e ha diversi significati. Per alcuni richiama i sette giorni della creazione, secondo altre interpretazioni rappresenta l’ideale dell’illuminazione universale: il ramo centrale indicherebbe la luce di Dio da cui prendono vita gli altri rami che rievocano la conoscenza umana. Si parla anche di una rappresentazione simbolica del roveto ardente di Mosè, altri la associano all’albero della vita.

Il termine menorah deriva dalla stessa radice della parola or che significa luce; alimentata quotidianamente con olio di oliva dai Cohanim, si trovava nel santuario e, alla sua distruzione, fu trafugata dai romani che lo portarono in trionfo a Roma, evento appunto scolpito nell’Arco di Tito. Attorno a essa ci sono diverse leggende e ipotesi: una sostiene che quella trafugata da Tito non fosse l’originale, ma una copia, e che l’originale sia nascosta ancor oggi in qualche luogo.

Non è da confondere con la hannukkiah, il candelabro a nove rami che spesso si vede esposto nelle piazze del mondo durante Hannukka, la festa delle luci che rievoca il miracolo dell’olio durante la rivolta maccabaica.

L’Arco di Tito è stato a lungo un monito doloroso per il popolo ebraico; gli ebrei per secoli si sono rifiutati di passarci sotto, ma sono andati lì a festeggiare la proclamazione dello Stato di Israele nel 1947 – sancita con la risoluzione ONU 181 –, una sorta di riappropriazione del simbolo in segno di vittoria, una chiusura simbolica di un cerchio storico che aveva segnato l’inizio di una lunga diaspora.

I simboli, specie se antichi, hanno una forte valenza, indicano qualcosa a cui aggrapparsi nei momenti di gioia e di dolore e questa menorah scolpita nell’arco ne è un esempio.

La menorah è uno dei tanti simboli del mondo ebraico alcuni dei quali adottati dal mondo cristiano (uno su tutto la kippah, lo zucchetto che fa da copricapo al Papa e altri prelati).

Conoscere l’origine dei simboli di un popolo è fondamentale per capirlo, per conoscerne la storia e comprenderne i gesti.

In Israele la menorah è diffusa ovunque; alcune sono iconiche come quella davanti alla Knesset, il parlamento israeliano, una replica di quella del Tempio.

I simboli richiamano concetti, significati religiosi o laici in cui parte dell'umanità si identifica; dalle bandiere agli oggetti, proprio per la loro importanza, ci deve essere responsabilità nel loro utilizzo pubblico che dà forti segnali.

Il loro abuso porta infatti fratture profonde, la mancanza di rispetto crea dolore a coloro che in quel simbolo si identificano.

La conoscenza è lo strumento per eccellenza per creare senso critico e senso di responsabilità gli uni verso gli altri; aiuta a costruire ponti con altre culture e a sconfigge l’ideologia, uno dei mali più gravi della nostra società, il vero e disastroso risultato di prese di posizione limitate e granitiche che, alla lunga, portano al fondamentalismo con cui il mondo si disgrega.

Arco di Tito, Roma © fotografia di Maria Elisabetta Ranghetti

Il Museo d'Israele, Gerusalemme, Foto © Museo d'Israele, Gerusalemme, di Elie Posner

© fotografie di Maria Elisabetta Ranghetti

© fotografie di Maria Elisabetta Ranghetti