Kibyra: una città protetta
dagli occhi di Medusa
Tra Antalya e Pamukkale, due centri turistici molto rinomati, quasi a metà strada si trova Kibyra, un sito poco visitato ma molto interessante, che offre al visitatore bellezze uniche.
Situata nella pianura di Gölhisar, che prende il nome dall’omonima città, bagnata dal fiume Dalaman – anticamente Indo (si racconta che qui morirono annegati un elefante e il suo guidatore provenienti dall’India) –, la città di Kibyra (Cibyra Maior in latino) si trova sul pendio orientale del monte Akdağ (l’antico Kragos), che costituisce una parte della catena meridionale dei Tauri.
Con l’inizio dei primi scavi scientifici da parte del museo di Burdur e dell’Università di Mehmet Akif Ersoy solo nel 2006, si è capito che il primo insediamento della città si trovava dall’altra parte del lago, oggi quasi scomparso, che dà anche il nome alla città moderna di Gölhisar (= castello del lago), e che gli abitanti decisero di spostarsi nella posizione attuale verso il IV-III sec. a.C. Come oggi, anche nel passato la città si trovava in una posizione di incontro tra varie regioni e culture. Infatti, si congiungevano in questa zona i confini di Licia, Caria, Frigia, Lidia e Pisidia; e l’antico storico Strabone, la fonte principale sulla città, ci informa che qui si parlavano ben quattro diverse lingue.
La città di Kibyra, governata da tiranni locali durante il periodo ellenistico, fu la prima città in Asia Minore con cui i Romani firmarono un patto di alleanza nel 188 a.C., dopo che vinsero i Seleucidi e li cacciarono dall’Asia Minore. Questo potrebbe sembrare strano, dal momento che la superpotenza di quel periodo faceva trattati di alleanza solo con grandi regni e tirannie forti. La spiegazione ce la dà Strabone: il famoso storico ci informa che Kibyra aveva un esercito di trentamila soldati e di duemila cavallieri. Il prof. Şükrü Özüdoğru, direttore degli scavi, afferma: «Se considerate che Alessandro Magno ha conquistato tutta l’Asia con un esercito di quaranta-quarantacinquemila soldati, vi rendete conto che Kibyra era una forza regionale che i Romani non potevano trascurare».
Nel mondo degli archeologi, l’estate scorsa Kibyra ha fatto notizia dopo che i restauri effettuati hanno riportato l’acqua alla fontana rotonda (tholos nymphaion) dalla stessa sorgente che la alimentava nell’antichità (proprio come la fontana degli Antonini a Sagalassos). Così il sito ha avuto un altro bel monumento da ammirare.
Ma la vera fama di Kibyra deriva dalla presenza di un mosaico molto particolare che la rende unica al mondo. I mosaici sono fatti generalmente con pietre molto piccole a forma cubica chiamate tessere, ma si possono usare anche altre tecniche, come ad esempio l’opus sectile, utilizzando pezzi di marmo per realizzare decorazioni a intarsio. Proprio nell’odeon (piccolo teatro costruito per le recite musicali) della città, nella sua orchestra esiste l’unico mosaico raffigurante Medusa, realizzato in opus sectile, finora trovato al mondo di quelle dimensioni. Medusa era una figura della mitologia, i cui capelli erano stati trasformati in serpenti dalla dea Atena. Creatura mostruosa capace di trasformare all’istante in pietra chiunque la guardasse, fu uccisa da Perseo, l’eroe per eccellenza figlio di Zeus, con l’aiuto di Atena ed Ermes. Dopo che l’eroe tagliò la testa di Medusa, la donò ad Atena e la dea la inserí in uno scudo fatto di pelle di capra ed esso divenne il suo scudo magico in grado di pietrificare all’istante i suoi nemici.
Nel 17 d.C. un terremoto molto forte distrusse dodici città dell’Asia; dopo sei anni, un altro terremoto distrusse altre città, tra le quali anche Kibyra ed Efeso. Siccome queste quattordici città che furono rase al suolo, l’imperatore Tiberio mandò loro aiuti notevoli. Dopo che queste città si ripresero un po’, vollero esprimere la loro gratitudine all’imperatore facendo costruire un monumento scultoreo a Roma. Il progetto raffigurava Tiberio seduto sul suo trono, circondato da quattordici figure femminili simboleggianti le città asiatiche danneggiate dal terremoto. Purtroppo questo monumento è andato perduto, ma fortunatamente le stesse città avevano pagato anche un altro monumento simile, in scala minore, costruito a Pozzuoli. Il monumento, che attualmente si conserva nel Museo Nazionale di Napoli, è conosciuto semplicemente come «la base di Pozzuoli» e ha su tre lati le personificazioni delle quattordici città asiatiche. Il punto interessante è che la città di Kibyra fu disegnata proprio come la dea Atena che tiene in mano il suo scudo. Il prof. Özüdoğru afferma che il mosaico di Medusa è in realtà lo stesso scudo magico di Atena, dea per la quale gli abitanti di Kibyra avevano una particolare venerazione.
Mettere statue o disegni di divinità o figure che ricordavano divinità in spazi comuni, specialmente in odeon che tante volte servivano come bouleterion (la sala di riunione del consiglio cittadino detto boulè), era abbastanza frequente. I membri del consiglio, che dovevano prendere le decisioni riguardanti le città, dovevano farlo guardando gli occhi delle divinità: lo scopo era di spingerli a prendere giuste decisioni nelle votazioni, per non incorrere nell’ira del Cielo.
L’odeon di Kibyra ha un altro aspetto interessante. Per quanto si sa, è il più grande odeon antico in Asia che sia stato mai coperto con un tetto. La sua capacità di 3.500 posti lo fa anche il più grande odeon della Turchia: la sua imponenza si capisce meglio se si pensa che quello di Efeso, la capitale dell’Asia, aveva una capacità di 1.500 posti. Il motivo va cercato nel passato della città. Essendo una città molto forte militarmente, Kibyra aveva offerto la sua protezione ad altre città vicine e nel II sec. a.C. aveva stipulato un’alleanza, creando una tetrarchia con Boubon, Balboura e Oinoanda, che avevano bisogno di uno spazio grande per potersi riunire insieme. Inoltre, con la riforma di Ottaviano Augusto, il territorio dell’Asia si divise in «conventi»: Kibyra diventò il centro del «convento cibyratico» nel quale si trovavano venticinque città, tra le quali Laodicea e Hierapolis. Tutto ciò spiegherebbe la grandezza dell’odeon della città, che serviva non solo come sala di riunione ma funzionava anche come tribunale.
Davanti all’odeon si può ammirare il portico decorato con un mosaico pavimentale pagato dai fratelli Aurelius Sopatros e Claudius Theodoros, l’ultima opera pagata da benefattori locali. Sempre davanti all’odeon si possono vedere il kaisarion, il piccolo tempio dedicato a Tiberio e al culto imperiale, con le terme costruite nel tardo antico e conservate molto bene. Non molto distante si può vedere anche il teatro grande della città, con una capacità di ottomila persone, purtroppo in stato di abbandono e mai restaurato.
Scendendo un po’ in basso – la città è costruita su terrazzamenti di vari livelli tra 1.100 e 1.600 metri –, si arriva all’agorà, composta da tre livelli, dove è possibile vedere sia i negozi del periodo romano che di quello bizantino. Sulla prima terrazza, si può ammirare il ninfeo rotondo con l’acqua recentemente restaurato. Nel 417 un altro forte terremoto distrusse la città. Si ricostruí poi una nuova cinta muraria di 235 metri per 135 metri proprio attorno all’agorà in modo che diventasse il centro della città. Sulla via principale dell’agorà si puo vedere una piscina dove venivano tenuti i pesci vivi per i clienti e un castellum aquae o castellum dividiculum da dove l’acqua veniva mandata ad altre strutture.
L’altro monumento imponente è lo stadio: con una capacità di 15 mila persone, venne costruito su una terrazza che guarda la pianura ed offre una vista spettacolare. Dopo gli scavi si è capito che dentro lo stadio del I sec. non si facevano solo giochi olimpici alla greca, ma anche i giochi dei gladiatori. Non a caso, appena sotto lo stadio, vicino alla via della necropoli, hanno trovato dei bassorilievi raffiguranti i gladiatori in combattimento. Questi bassorilievi, esposti attualmente nel Museo di Burdur insieme alle bellissime statue ritrovate a Sagalassos, costituiscono il più ampio complesso al mondo raffigurante gladiatori finora rinvenuto.
La posizione vicina a noti centri turistici come Pamukkale e Antalya rende molto facile un viaggio a Kibyra, con andata e ritorno in giornata. Guardare dritto negli occhi Medusa potrebbe far cambiare idea a chi ha viaggiato tanto e pensa di aver già visto tutta la Turchia…
N.B. Il mosaico di Medusa viene coperto da novembre a maggio per evitare i danni delle condizioni climatiche; dunque per poterlo ammirare bisogna scegliere i mesi estivi.