Gli Atti degli Apostoli attestano che i cristiani erano indicati come «quelli della via», in fedeltà al loro Signore che aveva scelto di vivere in modo itinerante e che di sé aveva detto: «Io sono la via» (Gv 14,6). Le prime comunità cristiane infatti, nella scia di Israele che nasce come popolo in alleanza durante un viaggio – l’esodo dall’Egitto alla terra promessa, attraverso il mare, il deserto e poi il fiume Giordano – prima ancora che seguaci di una dottrina o di un insegnamento, nascono come popolo in cammino. Alcuni testi del Nuovo Testamento aggiungono poi la condizione di «stranieri e pellegrini» (1Pt 1,1.17; 2,11; Eb 11,13; 13,14). Il pellegrino non è un viaggiatore per caso. Il suo è un mettersi in viaggio verso una direzione ben precisa, in tensione verso una meta. Ripercorrere le tappe della storia della salvezza immergendosi nella terra che ne è stato lo scenario, apre inediti sentieri interiori. Al cammino fisico e biblico si sovrappone e intreccia il fare memoria della propria storia personale. Ne scaturisce un itinerario ulteriore, più lungo e profondo: il viaggio verso se stessi per riconoscersi e ritrovarsi.
Quando il tuo battello ancorato da molto tempo nel porto, ti lascerà l’impressione ingannatrice di essere una casa, quando il tuo battello comincerà a mettere radici nell’immobilità del molo, prendi il largo! È necessario salvare a qualunque prezzo l’anima viaggiatrice del tuo battello e la tua anima di pellegrino. (Hélder Pessoa Câmara)
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