Kartpostal

Un gioiello bizantino in una Istanbul poco visitata

Istanbul, nonostante tutto, continua a essere il centro di attrazione principale per i visitatori stranieri. Infatti, all’inizio o alla fine dei tour organizzati dalle agenzie turistiche, si passa sempre dalla città. Spesso però, inserendola nei programmi dopo aver visto altre zone della Turchia, per mancanza di tempo ci si limita a vedere i «classici» Santa Sofia, il Palazzo di Topkapı, la Cisterna sotterranea, la Moschea Blu, la Moschea di Solimano il Magnifico…

Io cerco di convincere le agenzie con cui lavoro a programmare pacchetti turistici solo su Istanbul, ma loro rifiutano e continuano a inserire la città in un qualsiasi tour in Turchia semplicemente perché aumenta la probabilità di vendere il pacchetto! E così si va avanti facendo sempre le solite visite, riducendo Istanbul all’antica e imponente Costantinopoli, capitale dell’Impero Romano d’Oriente. Francamente mi dispiace che la gente si accontenti sempre delle stesse cose, senza mai avere l’occasione di scoprire anche altri gioielli della città, che sicuramente meriterebbero la visita.

Per questo vorrei parlarvi di una chiesa bizantina, trasformata in moschea dopo la conquista turca: la Chiesa di Cristo Pantocratore – attualmente Moschea di Molla Zeyrek – la seconda più grande costruzione religiosa dell’arte bizantina a Costantinopoli arrivata fino a oggi dopo Santa Sofia.

Una premessa: appena entrate nel primo nartece della maestosa Santa Sofia, il maggiore edificio bizantino di Costantinopoli, sulla parte destra trovate un sarcofago di colore verde. È il sarcofago dov’è sepolta l’imperatrice Irene, il cui ritratto lo potete ammirare nel mosaico posto sulla galleria meridionale dell’edificio (ultimamente non accessibile). In questo bel mosaico vediamo l’imperatrice Irene con il marito Giovanni II Comneno posti ai lati del Cristo Pantocratore. L’imperatrice Irene, nativa dell’Ungheria con il nome di Piroska (ecco perché nel mosaico la sua pelle appare molto più chiara rispetto a quella del marito), venne a Costantinopoli nel 1104 per sposare l’imperatore Giovanni (allora co-imperatore). E, secondo la tradizione, è proprio l’imperatrice Irene che fece costruire la prima chiesa del complesso del Pantocratore, di cui ora voglio parlarvi.

L’edifico fu fondato nel XII secolo su un’altura del quarto colle di Costantinopoli, nel quartiere allora chiamato «Zeugma», l’attuale distretto di Fatih (nel punto più alto di questo colle si trovava la Chiesa dei Santi Apostoli, fatta costruire da Costantino il grande, dove fu posta la sua tomba).

Architettonicamente quello che si vede oggi è un insieme di tre chiese parallele adiacenti: la Chiesa di Cristo Pantocratore (il katolikon del monastero), situata a sud e costruita per prima; la Chiesa della Vergine Misericordiosa, che è la più settentrionale, costruita successivamente; infine, la Chiesa di San Michele Arcangelo, che occupa il posto centrale, è stata completata per ultima e divenne il mausoleo imperiale dei Comneni. Sul lato occidentale del complesso, vi è anche un nartece per tutta la larghezza dell’edificio e un esonartece che invece ricopre solo la metà meridionale.

La chiesa meridionale, quella dedicata a Cristo Pantocratore è la più grande, con una cupola circolare di 7 metri di diametro, la più ampia poggiante su quattro colonne isolate in una chiesa medievale di Costantinopoli. Le colonne portanti originali, in marmo rosso, furono sostituite da pilastri di influenza barocca dopo un terremoto nel 1766. Lo splendore della decorazione interna è ancora attestato dalla pavimentazione in pietra dura in opus sectile, riscoperta nel 1953 (attualmente sotto il tappeto). Il nucleo centrale era fiancheggiato da due gallerie, quella settentrionale fu eliminata probabilmente con la costruzione dell’adiacente mausoleo. 

Nel 1961, in due cripte sottostanti al bema della chiesa meridionale, furono ritrovati numerosi frammenti di vetri colorati e giunture di piombo che spinsero gli studiosi a pensare all’esistenza di vetrate istoriate con figure umane. Nel minbar (il pulpito del predicatore nel giorno di venerdì), costruito in epoca ottomana, appaiono due frammenti di prezioso marmo docimitico (dal nome di Docimio, in Frigia), caratterizzati da una singolare decorazione con esotiche palmette poste su piedistallo, incorniciate da festoni di fiori e frutta. Questi frammenti provengono dalla Chiesa di San Polieucto, che era la chiesa più grande di Costantinopoli fino alla costruzione di Santa Sofia, da dove sono partiti per Venezia anche i cosiddetti «Pilastri Acritani».

La Chiesa di San Michele Arcangelo, quella che sta in mezzo, era il mausoleo dinastico voluto da Giovanni II, dove furono sepolti i Grandi Comneni e la stessa imperatrice Irene (il cui suddetto sarcofago verde si trovava lì fino al 1953, qualche metro fuori il complesso trasformato in moschea). L’interno si presenta come una lunga sala di 19 x 11 metri, senza absidiole a riprova del fatto che non vi si svolgevano liturgie. La sovrastruttura è formata da due cupole di forma ellittica. Da qui, molto probabilmente dall’iconostasi, provengono alcune delle icone di smalto che adornano la Pala d’oro del Tesoro di San Marco.

La chiesa settentrionale invece, quella dedicata alla Vergine della Misericordia (Eleusa), è a pianta cruciforme con abside e le celle di pastoforia. Durante l’occupazione latina (1204-1261), veniva qui custodita la famosa icona della Vergine Hodeghetria, portata da Santa Sofia ed era l’unica delle tre chiese che rimaneva sempre aperta al pubblico.
Durante questo periodo, il monastero fu utilizzato dai veneziani come quartiere generale e residenza del podestà. Non si sa se all’ epoca esistessero ancora monaci greci o se fossero stati sostituiti da religiosi occidentali.

La struttura originaria comprendeva diversi altri edifici. Il typikon (regolamento decretato dal fondatore) specifica che la fondazione era prevista per «non meno di ottanta monaci»: cinquanta erano incaricati dei vari servizi liturgici e trenta svolgevano funzioni come cuochi, fornai, giardinieri, responsabili dei bagni, ecc. Oltre ai monaci, cinquanta ecclesiastici di vario grado erano anche responsabili della liturgia nella Chiesa della Vergine della Misericordia. Tra le sezioni più importanti della struttura c’erano un famoso ospedale, un ospizio per anziani e un lebbrosario che si trovava in una dependance.

L’ospedale era predisposto per cinquanta pazienti, uomini e donne, suddivisi in cinque stanze di diverse dimensioni: una stanza per i feriti con dieci letti, una per i malati di occhi con otto letti, una stanza riservata alle donne con dodici letti e altri due reparti per pazienti ordinari.

L’ospizio per anziani disabili ospitava ventiquattro pensionati ai quali veniva assegnata una certa quantità di cibo, di legna da ardere e denaro per i vestiti. La dieta era vegetariana: non venivano mai serviti né carne né pesce, ma solo pane bianco, verdure (fresche o secche), formaggio, olio e vino come bevanda.
Il complesso imperiale bizantino, trasformato in un santuario musulmano dopo la conquista turca del 1453, continua a ospitare i fedeli cinque volte al giorno per le loro preghiere e i visitatori desiderosi di sapere qualcosa dello splendore del passato della città.

Dopo la visita della Moschea di Zeyrek, potete ammirare il bel panorama dalla caffetteria che si trova davanti al complesso: si vede la Moschea di Solimano il Magnifico sul terzo colle della «Nova Roma», il Corno d’oro e la torre di Galata.

Vi consiglio anche un giro nel vicino mercato Kadınlar Pazarı (mercato delle donne) molto vicino all’acquedotto di Valente, dove si vendono prodotti provenienti dalle regioni curde. Per gli amanti di carne di agnello non resta che assaggiare un bel piatto di Büryan kebabı (agnello intero cotto in un pozzo coperto).

Buona visita e… buon appetito!